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Una decisione complementare, va presa subito!

  • Immagine del redattore: CA
    CA
  • 18 lug
  • Tempo di lettura: 4 min

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Previdenza complementare

Uno strumento, oggi, ancora più flessibile

Nella costruzione di un futuro pensionistico sostenibile, la scelta di una PREVIDENZA COMPLEMENTARE appare irrinunciabile. E oggi diventa ancora più flessibile. Con le nuove regole introdotte dal 2025, anticipare la pensione non è più solo una questione di contributi INPS, ma anche di scelte personali e strategiche: quando iniziare a investire, quanto versare e con quale profilo di rischio.


Avviare da giovani un piano previdenziale

Chi inizia presto ha più margine di manovra e può contare su cifre mensili molto più contenute. La strada è tracciata: il fondo pensione non è più un’opzione accessoria, ma una chiave d’accesso per lasciare il lavoro qualche anno prima. L’ultima indagine di Moneyfarm ha calcolato quanto servirebbe accantonare in un fondo pensione per poter raggiungere il traguardo della PENSIONE ANTICIPATA, in base alle novità introdotte dall’ultima Legge di Bilancio.


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Come andare prima in pensione: cosa prevede l’ultima Legge di Bilancio

La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una novità importante nel sistema pensionistico italiano: un vero e proprio “ponte” tra la pensione pubblica e quella complementare. In pratica, da ora in poi, i contributi versati in un fondo pensione non serviranno solo ad aumentare l’importo dell’assegno pensionistico, ma potranno anche anticipare l’età del pensionamento. Una svolta significativa, soprattutto per i lavoratori che hanno iniziato a versare i contributi dopo il 1996. Già dal 2012 esiste la cosiddetta “pensione anticipata contributiva, che consente di andare in pensione a 64 anni – invece dei 67 previsti – a patto di aver maturato almeno 20 anni di contributi e un assegno pensionistico pari ad almeno tre volte l’assegno sociale. Ora, però, ai contributi versati all’INPS si potranno sommare anche quelli versati nel fondo pensione. Un modo per incentivare la previdenza integrativa, i cui effetti concreti si vedranno soprattutto tra una decina d’anni.


Dal 2030 il requisito sale a 3,2 volte l’assegno sociale
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A partire dal 2030, il traguardo sarà ancora più ambizioso: per accedere alla pensione anticipata contributiva, l’importo dell’assegno dovrà essere pari ad almeno 3,2 volte l’assegno sociale, il che renderà necessarie carriere lavorative più continue e contributi più consistenti. Le simulazioni di Moneyfarm mostrano scenari molto diversi a seconda del reddito mensile e dell’età. Per esempio, un lavoratore dipendente con 1.650 euro netti al mese potrà andare in pensione tra i 65 anni e 3 mesi (se oggi ha 50 anni) e i 67 anni e 2 mesi (se ha 30 anni). Ma con un reddito più basso, ad esempio 1.400 euro, non riuscirebbe a soddisfare i requisiti per la pensione anticipata e dovrebbe attendere tra i 68 anni e 7 mesi e i 70 anni e 6 mesi, in base all’età e all’adeguamento dell’aspettativa di vita.


Il TFR come alleato per chi lavora dome dipendente

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Qui entra in gioco una leva importante: il TFR, ovvero il Trattamento di Fine Rapporto. I lavoratori dipendenti possono scegliere di destinare il TFR maturando (e in alcuni casi anche quello già maturato) a un fondo pensione. Questo semplice passaggio, soprattutto se si sceglie una linea di investimento azionaria, può fare davvero la differenza. Secondo le simulazioni, per un trentenne o un trentacinquenne potrebbe bastare proprio il solo conferimento del TFR per superare la soglia della pensione anticipata. Se invece si aggiunge anche il TFR maturato, l’obiettivo può diventare realistico anche per i lavoratori di 40 o 45 anni, a condizione che si scelga un investimento adeguato al rischio.


Chi deve versare di tasca propria (e quanto)

Non tutti, però, possono contare sul solo TFR. In alcuni casi, per raggiungere i requisiti minimi, è necessario integrare con versamenti volontari. Anche qui, le cifre cambiano molto in base all’età e al profilo di rischio:

  • Un quarantenne che sceglie una linea ad alto rischio potrebbe versare solo 58 euro al mese.

  • Un cinquantenne con un profilo prudente, invece, dovrebbe arrivare a 568 euro al mese.


Per i lavoratori autonomi, lo sforzo è maggiore

Chi lavora in proprio non ha il TFR, quindi deve contare esclusivamente sui contributi volontari. In questo caso, l’età a cui si inizia a versare diventa cruciale:

  • Un trentenne autonomo può farcela con 69 euro al mese in una linea azionaria.

  • Un quarantenne ne dovrebbe versare circa 157 euro.

  • Un cinquantenne, invece, arriverebbe a quasi 480 euro al mese per avere una pensione anticipata.


Un occhio di riguardo per le madri
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La Legge di Bilancio ha anche introdotto un’agevolazione specifica per le lavoratrici madri. A causa delle carriere spesso più frammentate, delle pause per maternità e del divario salariale, le donne hanno spesso un montante contributivo più basso.

Per questo, il requisito dell’assegno pensionistico è ridotto:

  • 2,8 volte l’assegno sociale per chi ha un figlio.

  • 2,6 volte per chi ne ha due o più.

Un vantaggio che, secondo Moneyfarm, potrebbe consentire a molte donne di anticipare l’uscita dal lavoro solo con il TFR versato in un fondo pensione, soprattutto tra i 30 e i 45 anni. Anche per le autonome, i contributi volontari richiesti diventano molto più sostenibili: da 22 euro al mese per una trentenne fino a 219 euro per una cinquantenne con profilo a basso rischio.


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