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Coronavirus: cosa rischia chi non rispetta le prescrizioni


Misure severe dai risvolti penali per chi non rispetta le prescrizioni introdotte per contrastare e contenere il diffondersi del coronavirus. Ecco cosa si rischia.


I provvedimenti che si sono susseguiti negli ultimi giorni hanno completamente stravolto le abitudini di vita degli italiani, introducendo delle prescrizioni indispensabili per affrontare l'emergenza determinata dalla capillare diffusione del virus COVID-19 nel nostro paese.

Si tratta di norme importanti che devono essere rispettate, non solo in quanto contenute in provvedimenti che provengono "dall'alto", ma anche in virtù del senso civico che dovrebbe necessariamente animare tutti i cittadini in un momento di estrema preoccupazione per la propria e l'altrui incolumità.

Tuttavia, poiché in diverse occasioni in molti hanno dimostrato una certa "resistenza" ad adeguare il proprio stile di vita alle prescrizioni normative, è prevista una indispensabile reazione per rendere effettivi gli obiettivi di contrasto alla diffusione del virus: i trasgressori potranno incorrere in sanzioni e procedimenti, anche di natura penale.


IL DECRETO "IO RESTO A CASA"

Il provvedimento più recente è il D.P.C.M. del 9 marzo 2020, ribattezzato Decreto #IoRestoaCasa, che ha esteso su tutto il territorio nazionale le rigorose misure che l'art. 1 del precedente D.P.C.M. dell'8 marzo 2020 aveva stabilito nei confronti degli abitanti di quelle "zone" del Nord Italia dove la diffusione del virus aveva avuto un'esplosione eccessiva.


Allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19 è stato, in primis, stabilito il divieto di spostamento, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità (es. acquisto beni essenziali) ovvero spostamenti per motivi di salute. Resta consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza. Ai soggetti con sintomatologia da infezione respiratoria e febbre (maggiore di 37,5° C) viene fortemente raccomandato di rimanere presso il proprio domicilio e limitare al massimo i contatti sociali, contattando il proprio medico curante. Divieto assoluto di mobilità dalla propria abitazione, invece, per i soggetti sottoposti alla misura della quarantena ovvero risultati positivi al virus. Ancora, è stata prevista la sospensione di eventi e competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, manifestazioni organizzate, eventi in luogo pubblico e privato, ivi compresi quelli di carattere culturale, ludico, sportivo, religioso e fieristico. Sospesi anche i servizi educativi e dell'infanzia e le attività didattiche in tutte le scuole di ogni orine e grado, comprese Università e AFAM, corsi professionali, master e così via. Chiusi musei e gli altri luoghi culturali, sospese le procedure concorsuali pubbliche e private, ristoranti e bar potranno essere aperti dalle 6 alle 18. Queste sono solo alcune, non tutte, le disposizioni che ai sensi del D.P.C.M. producono effetto dalla data del 10 marzo 2020 e sono efficaci fino al 3 aprile 2020. Inoltre, sull'intero territorio nazionale risulta vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico.


LE SANZIONI

I D.P.C.M. prescrivono che il prefetto territorialmente competente, informando preventivamente il Ministero dell'Interno, debba assicurare l'esecuzione delle disposizioni e monitorare l'esecuzione delle restanti misure da parte delle amministrazioni competente, avvalendosi, ove occorra, delle forze dell'ordine.


Ed è quanto sta avvenendo per quanto riguarda il divieto di spostamento. Non sono previsti posti di blocco fissi per impedire alle persone di muoversi. La Polizia municipale e le forze di polizia, nell'ambito della loro ordinaria attività di controllo del territorio, vigileranno sull'osservanza delle regole e controlleranno a campione che le persone in giro siano in grado di giustificare, tramite autocertificazione, la loro presenza per le strade.

Quanto alle sanzioni nei confronti di coloro che violano queste trasgressioni, i D.P.C.M rinviano all'art. 650 del codice penale, norma che persegue l'inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità, ai sensi dell'art. 3, comma 3, del D.L. n. 6/2020. Nel dettaglio, l'art. 650 punisce con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a duecentosei euro, chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene.

Chi viola gli obblighi contemplati dai recenti provvedimenti, dunque, rischia di incorrere nel suddetto reato contravvenzionale.

Si tratta, ovviamente, di una reazione penale avente un'efficacia temporanea e limitata al periodo di vigenza dei suddetti provvedimenti.


FATTI CHE COSTITUISCONO GRAVI REATI

Attenzione: il rinvio all'art. 650 c.p. opera "salvo che il fatto costituisca più grave reato". Ciò significa che questo viene "assorbito" qualora emergano ipotesi criminose più gravi dalle quali possono scaturire ben più pesanti conseguenze. Ecco qualche esempio.

Chi viene ritrovato a spostarsi sul territorio italiano e non fornisca le necessarie giustificazioni richieste dagli agenti che lo abbiano fermato, potrebbe incorrere nel reato di resistenza a un pubblico ufficiale di cui all'art. 337 del codice penale (punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni).

La situazione attuale, inoltre, rende plausibile anche un'imputazione per delitti colposi contro la salute pubblica, ai sensi dell'art. 452 c.p., che rimanda agli artt. 438 e 439 c.p. che puniscono, rispettivamente, i delitti di epidemia cagionata mediante la diffusione di germi patogeni, e di avvelenamento di acque o di sostanze alimentari. La pena, in tal caso, è graduata in relazione alle diverse ipotesi previste dalla legge.

Le persone sottoposte alla misura della quarantena o risultati positivi al virus hanno divieto assoluto di mobilità. Dunque, se questi soggetti, consapevoli di avere il virus, escono di casa e non lo comunicano, possono addirittura rischia un'accusa che va dal tentativo di lesioni fino all'omicidio volontario qualora venga in contatto con anziani o soggetti a rischio.

Ovviamente si tratta di ipotesi delittuose per le quali andrà dimostrata la sussistenza di un elemento soggettivo inerente la consapevolezza o il rischio di contagiare altre persone e che, in base alla sua diversa intensità (es. dolo diretto, dolo eventuale, colpa cosciente), farà mutare il capo di imputazione. Si può ritenere, in questi casi, di applicare per analogia gli stessi principi giuridici valevoli per la trasmissione del virus da parte di persone sieropositive.


DICHIARAZIONI MENDACI

Il Viminale ha previsto che le persone in giro, nonostante il divieto di uscire di casa, debbano giustificare la propria presenza sul territorio. Infatti, lo stesso D.P.C.M. prevede una serie di situazioni in cui gli spostamenti sono possibili, ovvero ragioni di salute, esigenze lavorative o altre necessità.

Si dovrà, comunque, essere in grado di provarlo, rendendo apposita autodichiarazione alle forze dell'ordine, utilizzando l'apposito modulo predisposto dal Governo. Appare evidente che la veridicità delle autodichiarazioni sarà oggetto di controlli successivi e costituirà reato la non veridicità delle dichiarazioni.

Lo stesso modulo precisa che, in caso di dichiarazioni mendaci a pubblico ufficiale si rischia di incorrere nel reato previsto dall'art. 495 c.p. recante "Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri". Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l'identità, lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona rischia con la reclusione da uno a sei anni.

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